I loro occhiali sono così particolari da meritarsi un brevetto internazionale. Ma non solo: infatti accanto alla tecnica c’è molto stile e design. Insomma dietro Gazusa c’è un’idea forte sviluppata nel modo migliore
Quante volte abbiamo ascoltato consigli su come fare meglio una cosa? E quante volte ci è stato detto che per ottenere un risultato era meglio entrare dalla finestra invece che della più tradizionale porta? Bene questo discorso a nostro avviso calza a pennello per il marchio Gazusa di Bergamo, fondato e diretto da Laura Spada e dal marito Iuri Gionchille. Infatti gli occhiali Gazusa non solo sono stati premiati da una giuria di esperti e di ottici, nella sezione innovazione tecnologica del Graziella Pagni Award, ma sono altresì prodotti che godono di un brevetto internazionale che li rende davvero unici al mondo.
Sig.ra Spada, il primo aspetto che vorremmo affrontare è proprio il brevetto che copre i vostri occhiali. Ce lo può spiegare?
“Il succo del discorso se vuole è stato invertire i ruoli del prodotto. Qui è la lente a reggere il gioco e non più come accede normalmente, il contrario. Le lenti dei nostri occhiali vengono forate e cucite alle altre parti che lo compongono attraverso diversi possibili materiali: il cordino nautico, la pelle, la pelliccia ecologica, ma per chi lo desidera c’è anche una proposta più di lusso che utilizza un filo di oro al posto dei materiali citati. Questa tipologia di lavorazione e di design è protetta da un brevetto internazionale e questo ci garantisce che i tentativi di copiare siano piuttosto rari e facilmente individuabili. Anche perché non si tratta di una tecnica poi tanto banale.”
Sicuramente il vostro è un occhiale che sprigiona personalità.
“E’ vero, condivido questo pensiero: non importa che tipo di forma abbia il nostro occhiale e non importa quale sia il materiale che si lega alla lente. Il fatto è che in ogni caso si tratta di un prodotto assolutamente riconoscibile al primo colpo d’occhio. IL nostro prodotto ha molta autorevolezza e non c’è alcun altro occhiale sul mercato che possa minimamente essere scambiato per il nostro. Merito delle tecniche produttive ma anche del lavoro continuo che ci facciamo. A questo proposito c’è da dire che essendo ottici abbiano sempre lavorato per affinare ogni modello garantendogli però al tempo stesso leggerezza di calzata e unicità.
Se provassimo a trasferire queste su parole nella realtà, come le tradurrebbe?
“Le farei l’esempio dell’ultima collezione che abbiamo presentato a DaTe e che, a differenza di quelle che l’anno preceduta propongono una importante novità: abbiamo strutturato le cose in modo tale che oggi anche un ottico è in grado di eseguire il montaggio delle lenti in modo autonomo senza dover ricorrere al nostro intervento. Si tratta di un lavoro progettuale tutt’altro che semplice, ma abbiamo deciso di fare questo passo proprio perché pensiamo che gli ottici e noi siamo ottici, debbano avere un ruolo crescente nella guida dei clienti verso la scelta dell’occhiale. Quindi con questa ultima collezione desideriamo ridare centralità al lavoro dell’ottico.
Sig. Giunchille, lei è l’altra metà del marchio: con un prodotto così particolare e diverso dal solito, la clientela è sicuramente molto ben identificabile.
“Direi invece proprio di no. Abbiamo clienti dai 15 agli 80 anni. Non sto facendo una battuta, è proprio così. Chi ci sceglie lo fa principalmente perché è entrato in sintonia con la proposta poi lo prova e ci si trova a proprio agio anche esteticamente. Ecco questo è un aspetto significativo: nonostante si tratti di occhiali che non passano inosservati, una volta indossati risultano essere meno invadenti di quanto si possa immaginare. Per noi è un punto di forza notevole che ci ha permesso di conquistare una clientela ad ampio spettro. L’altro aspetto che desidero sottolineare è che i nostri occhiali sono realizzati anche per l’utilizzatore maschile. Qui i colori sono più semplici, ma i concetti non cambiano.”
Anche gli ottici però devono essere guidati nella scelta dei vostri occhiali da proporre poi ai clienti.
“ L’ottico parte sicuramente dall’unicità e dal carattere identificativo del prodotto rispetto al resto del mercato. È chiaro che chi entra in negozio debba essere alla ricerca di qualcosa veramente particolare. Più volte ci siamo resi conto che davanti ai nostri occhiali messi in vetrina, diverse persone sono rimaste a guardarlo e a farli notare a chi era con loro. Devo dire che messo in vetrina è un punto di attrazione davvero significativo. C’è comunque una identità di prodotto che inevitabilmente attira le donne che infatti rappresentano la parte più consistente del nostro mercato.”
Produttivamente, vista la alta qualità e difficoltà realizzativa, come vi siete organizzati?
“Ovvio che idee, schizzi e progetti siano tutti completamente farina del nostro sacco. Ci siamo invece organizzati sotto l’aspetto produttivo ricorrendo a realtà estremamente specializzate nella nelle lavorazioni che per noi sono fondamentali. Però nella nostra ricerca abbiamo individuato alcune realtà che sono decisamente all’avanguardia e che hanno sposato il nostro progetto impegnandosi nell’affrontare le tematiche tecniche che di certo non erano e non sono secondarie.”
Parliamo di mercato e di “da TE”, quali le sensazioni che avete avuto in questi giorni a Firenze?
“La prima sensazione è una ripresa del mercato e un rinnovato interesse da parte degli operatori. Sembra davvero che la stagione del Covid stia finendo, che il lockdown sia alle spalle in tutti i sensi. È evidente che due anni di stop non sono una cosa facile da gestire ma non siamo stati fermi e qui ci presentiamo con la nuova collezione. Il pubblico sembra apprezzare anche perché pur partendo da un glasant siamo arrivati a qualcosa di molto, molto diverso e particolare.